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L’Utilizzo di Shall in ambito giuridico

È doveroso fare una premessa: a chi opera nel campo della contrattualistica internazionale ciò che sta per leggere apparirà assolutamente ovvio e scontato. Per altri invece potrà essere una nozione importante, utile a rispondere in maniera rapida e decisa ai dubbi di un proprio cliente.

Negli insegnamenti di lingua inglese che vengono impartiti nelle scuole italiane (ancora non sufficientemente all’avanguardia rispetto al resto d’Europa) Shall viene introdotto e spiegato, in maniera discutibile, assieme a tutti gli altri verbi modali (would, could, may, might, ought…), senza soffermarvici il tempo necessario e spesso accomunando il significato di tali verbi ad un comune concetto di “possibilità”.

Difficile ricevere una risposta differente da questa, se si domanda ad un Average User il significato di Shall.

In realtà l’utilizzo di Shall è oltremodo vario e sottile. Solo un Proficient User sarà in grado di utilizzare Shall correttamente in vari contesti e con differenti significati.

Un esempio su tutti? Basti pensare al celebre film “Shall we Dance?” di Peter Chelsom, il cui titolo in Italiano è stato non a caso tradotto “Ti va’ di Ballare?”. Traduzione tutto sommato corretta, poiché anche il titolo originale contiene il question mark (?), che declina uno dei possibili utilizzi di Shall. Ma è doveroso sapere che questo non è l’unico significato da attribuire a Shall.

Nell’ambito che a noi interessa, quello giuridico, dove difficilmente troveremo punti interrogativi, il significato di Shall è chiaro, univoco ed universalmente riconosciuto. Esso esprime certezza, non semplice possibilità.

Per la precisione, l’utilizzo di Shall in ambito giuridico è definito tecnicamente “performativo”.

Tornando agli insegnamenti ricevuti a scuola, forse l’average user si aspetterebbe di trovare must ad indicare un obbligo chiaro ed univoco. Ma non è così. Must è raramente rinvenibile in contratti e regolamenti.

Si può affermare dunque che “The unsuccessful party shall bear the costs of the proceedings” (art. 16 del Regolamento 861/2007) o “The profits of an enterprise of a Contracting State shall be exempt from tax of the other Contracting State unless the enterprise carries on business in the other Contracting State” (art. 7 della Convenzione sul divieto di doppia imposizione tra Italia e Giappone) non esprimano un’ipotesi, bensì una certezza.

Come togliersi ogni residuo dubbio e non dimenticare più questa regola? Semplice. I Dieci Comandamenti. Difficile immaginare imposizioni più rigide di queste. “Thou shalt (you shall) not steal” (non rubare).

I due esempi sopra riportati, apparentemente sconnessi l’uno dall’altro, non sono casuali. Sono entrambi frutto della mia esperienza personale. In entrambi i casi, fonti più o meno accreditate ed eminenti rinvenibili online avevano tradotto con “potrebbe” (“potrebbe sostenere i costi” e “potrebbe essere esente”), infondendo dubbi nel cliente. Nulla di più sbagliato, nonché contrario alla necessità di certezza ìnsita in qualsiasi testo normativo.

Se dirimere questioni linguistiche di questo tipo è toccato a me, significa che, presto o tardi, potrà succedere anche a ciascuno dei professionisti che stanno leggendo questo articolo.

 
 

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