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Voluntary Disclosure: la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 10/E del 13.03.2015

vd2La recente circolare 10/E del 2015 ha chiarito alcuni punti delle legge 186/2014, anche se tante risposte ancora attendono chiarimenti, che si spera giungeranno successivamente.

Un punto chiarito è che potrà accedere anche il contribuente che non sia fiscalmente residente nel territorio dello Stato al momento della presentazione della domanda, essendo sufficiente che questi fosse fiscalmente residente in Italia in almeno uno dei periodi d’imposta per i quali si può ricorrere alla procedura. E potranno presentare disclosure anche i cittadini italiani residenti all’estero (ad esempio anche coloro iscritti all’AIRE – Anagrafe degli italiani residenti all’estero) ma che abbiano mantenuto in Italia il proprio domicilio o la dimora abituale, cioè i c.d. “estero residenti fittizi”, così come potranno accedere anche quei cittadini residenti (salvo prova contraria del contribuente), pur se cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Paesi “Black list”. La Circolare 10 sottolinea come, a seguito della presunzione di residenza nel territorio dello Stato, l’istanza ribadisca lo status del contribuente di residente in Italia per i periodi d’imposta interessati dalla procedura.

Viene inoltre precisato nella stessa circolare 10 come la Voluntary Disclosure possa essere attivata anche dai cosiddetti trust esterovestiti e dal contribuente che detenga attività all’estero attraverso interposta persona, ribadendo quanto già statuìto dalla circ. 99/E del 4 dicembre 2001 in tema di “interposta persona”, e cioè che si debba considerare soggetto fittiziamente interposto “una società localizzata in un Paese avente fiscalità privilegiata, non soggetta ad alcun obbligo di tenuta delle scritture contabili, in relazione alla quale lo schermo societario appare meramente formale e ben si può sostenere che la titolarità dei beni intestati alla società spetti in realtà al socio che effettua il rimpatrio”, facendovi rientrare, nella definizione, anche chi abbia schermato le proprie attività presso una banca estera intestandole ad una società residente in un Paradiso fiscale o mascherandole da polizze assicurative estere.

Nel caso di attività detenute da un trust, questo viene considerato fittiziamente interposto “ogni volta che le attività facenti parte del patrimonio del trust continuano ad essere a disposizione del disponente oppure rientrano nella disponibilità dei beneficiari.”

A titolo esemplificativo, la circolare 10 riporta i seguenti casi di trust fittiziamente interposti per i quali il disponente o il beneficiario effettivo possessore dei beni illecitamente detenuti all’estero dovrà richiedere l’accesso alla procedura, facendo rinvio alla circolare n. 61/E del 27 dicembre 2010 per ulteriori esempi:

• trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi;
• trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento se stesso come beneficiario;
• trust in cui il disponente (o il beneficiario) è titolare di significativi poteri in forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso;
• trust in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente al trust, designando se stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto “trust a termine”);
• trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere anticipazioni di capitale dal trustee.
• La domanda dovrà essere trasmessa telematicamente ed entro 30 giorni (ma comunque non oltre il 30 settembre 2015) dovrà essere integrata da una relazione accompagnatoria e dalla documentazione utile a ricostruire i patrimoni detenuti all’estero e i redditi con cui si sono costituiti, il tutto da inviarsi a mezzo PEC.
• Nella domanda andranno indicati i dati del contribuente (se persona fisica), del rappresentante (se soggetto diverso dalle persone fisiche), del professionista e dei soggetti collegati: se, ad esempio, un contribuente ha all’estero un conto cointestato da regolarizzare, se farà disclosure, svelerà il nominativo dell’altro cointestatario.
• Questo è un punto molto delicato perché la procedura non prevede alcuna particolare procedura di informazione all’altro contrubuente coinvolto, con l’effetto di trasformare la domanda di Collaborazione Volontaria in uno strumento esplicitamente delatorio. Infatti, l’accesso alla procedura sarà possibile solo se la domanda verrà presentata dal contribuente prima che un qualunque soggetto solidalmente obbligato in via tributaria o concorrente nel reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali per violazione di norme tributarie, relativi all’ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria. Questo punto non è stato chiarito sufficentemente dalla circolare 10/E del 2015 e ci si attenderebbe ulteriori specificazioni dall’Agenzia delle Entrate nelle prossime settimane. La circolare ha chiarito, comunque, che, in presenza di attività istruttorie di controllo che interessino una sola annualità, sarà possibile attivare la procedura per le annualità non interessate dal controllo.
• La circolare 10/E del 2015 ribadisce, comunque, come “ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, la disponibilità delle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di emersione si consideri, salva prova contraria, ripartita, per ciascun periodo d’imposta, in quote eguali tra tutti coloro che al termine degli stessi ne avevano la disponibilità.
• Pertanto, qualora il contribuente in sede di collaborazione volontaria voglia fornire la prova contraria e far valere modalità di ripartizione differenti dovrà produrre tutta la documentazione necessaria.”

Paolo Battaglia
studiobattaglia@crescitapmi.it

Dottore Commercialista in Ragusa

 
 

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